Il decennio si apre con la crisi irreversibile dei partiti tradizionali e i tentativi di superare la partitocrazia e che ha trovato impulso nella proposta di una “democrazia referendaria”, avanzata da Mario Segni e sostenuta dal partito Radicale di Marco Pannella, intesa a cambiare il sistema elettorale. Ciò ha permesso il superamento del sistema proporzionale mettendo fine di fatto alla “prima Repubblica”.
Il colpo definitivo al sistema dei partiti tradizionali lo dà l’inchiesta denominata “Tangentopoli” che scoperchia la corruzione sistematica della classe politica. Ancora prima di questa inchiesta una relazione parlamentare sulla ricostruzione dell’Irpinia documentava la «colossale spartizione di denaro pubblico con assegnazioni di quote fisse (circa il 3%) a uomini politici e clan criminali». La evidenza della corruzione politica è il fattore scatenante del crollo dei partiti tradizionali, alcuni spariscono, altri si trasformano cambiando nome.
Anche all’inizio degli anni Novanta continua a crescere il debito pubblico, da sempre utilizzato dai governi come strumento di gestione del consenso politico, oltre a evidenziare la loro incapacità di progettare il futuro. Il debito si aggrava anche nell’imminenza dei previsti vincoli posti dall’adesione al Trattato di Maastricht dell’Unione economica europea del 1992. Nello stesso anno scoppia la bufera giudiziaria di Tangentopoli per affrontare la quale viene costituito un vero e proprio pool di magistrati. Nello scandalo delle “mazzette” sono coinvolti gli stessi vertici dei partiti, tuttavia il fenomeno di illegalità diffusa è più generalizzato segnalando una crisi nazionale profonda.
Negli anni Novanta si assiste ad una pressione migratoria sull’Italia che ha il suo culmine nel 1992 quando due ondate di immigrati albanesi arrivati sulle coste pugliesi trovano il Paese nella completa disorganizzazione e indisponibile all’accoglienza. La crisi migratoria, con i flussi che iniziano dai paesi dell’Est e si estendono poi alla direttrice mediterranea, è fonte di insicurezze a chiusure da parte di un Paese «immemore del proprio passato migrante e incapace di misurarsi con il proprio futuro».
Nella prima parte del decennio esplode la guerra di mafia a seguito del successo del maxi-processo contro Cosa nostra istruito da un efficiente pool antimafia negli anni ’80. Dopo l’uccisione dell’imprenditore Libero Grassi la mafia alza il tiro con l’assassinio prima di un politico colluso, Salvo Lima, e poi con le stragi di Capaci e di Palermo dove muoiono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con la loro scorta (1992). Seguono gli attentati di tipo stragistico di Firenze, Roma e Milano (1993).
All’inizio degli anni Novanta, nel pieno della crisi del sistema politico e del ruolo dei partiti, all’ultimo governo Andreotti subentrano due governi di transizione, il primo guidato da un politico immune da scandali (Giuliano Amato) e, il secondo, da un tecnico di valore (Carlo Azeglio Ciampi) che cercano di rimettere in sesto i conti economici del Paese. Con le prime elezioni a sistema maggioritario del 1994 si apre la “seconda Repubblica” favorevole ai partiti emergenti – contrassegnati da rappresentanze consistenti di una parte della “società civile – come la “Lega Nord” di Umberto Bossi e nuovi, come “Forza Italia” di Silvio Berlusconi, alleati nel Polo delle Libertà in cui confluiscono anche le altre forze del centro destra in grado di garantire un bacino elettorale nazionale. Le formazioni politiche residue cercano di cambiare almeno il nome per rifarsi un’immagine e un’identità ideologica diversa dal passato. Con la vittoria alle elezioni politiche ha inizio il governo neoliberista di Berlusconi, uomo-partito, leader forte e mediatico a impronta “populista” in chiave antistatalista, capace di evocare un altro “grande miracolo italiano”, tuttavia mancato. Il decennio si chiude a guida centro-sinistra che riesce a porre argine al debito pubblico e a far rientrare l’Italia nei parametri di Maastricht che consentono l’ingresso nella moneta comune europea – l’euro (di fatto entrato in vigore l’1.1.2002) – oltre a realizzare alcune riforme nel campo del Welfare (in particolare la legge 328/2000 di riforma dell’assistenza sociale) e della Costituzione (“Titolo V” con l’introduzione del “principio di sussidiarietà”) dopo il fallimentare tentativo della Commissione Bicamerale di realizzare le riforme costituzionali.
Il decennio è anche quello della grande diffusione del cellulare – a fine secolo il numero degli abbonati supera quello delle linee fisse – e dell’inizio della comunicazione online con il personal computer presente in un terzo delle abitazioni.
L’ultimo decennio del secolo viene descritto come il tempo delle «aspettative calanti», della «moltiplicazione delle paure» e della «erosione della legalità» con un relativo «declino della solidarietà». Tuttavia la storia di questo periodo è caratterizzata anche dalla crescita esponenziale del volontariato e del Terzo settore che danno l’idea di un Paese diviso da subculture opposte o tra loro distanti e che gli storici di professione non colgono appieno.