Anni ’80: cadono i muri

E’ il decennio che si chiude con la caduta del “muro di Berlino” mentre si respira una ventata di neoliberalismo conservatore con le leadership di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher. L’eclissi delle grandi ideologie cambia il modo di rapportarsi alla politica e di intenderla, soprattutto in negativo, con l’affermarsi di una corruzione strutturale e di una occupazione partitica dello Stato che vede prevalere i vertici di partito sugli organi di governo, inquinando le istituzioni. La corruzione è rivelatrice di «un vero e proprio mutamento antropologico-culturale della classe politica del paese» e considerata una sorta di «patologia fisiologica del sistema». Ad aggravare la situazione vi è lo stallo della politica che nel decennio vede al governo diversamente coinvolti i partiti del centro-destra senza altra alternativa, stante l’interdizione ad un governo con il principale partito della sinistra, peraltro dimostratosi incapace di interpretare la modernità. Nonostante questo l’elevata instabilità è il tratto dei governi che si succedono, uno all’anno in media. Compresi quelli a guida socialista con Craxi che inaugura la stagione del «partito personale». Emerge anche il disegno della P2 di Licio Gelli di condizionare la politica aggregando nelle sue liste, rinvenute all’inizio degli anni ’80, alte cariche dello Stato e personaggi del mondo della produzione, della comunicazione e della politica.

In questo decennio il Paese si avvia verso la società post-industriale, con una riduzione significativa dell’occupazione operaia e agricola e la crescita consistente del terziario. In questo nuovo scenario gli esclusi dal sistema produttivo delle fabbriche sono tanti e con effetti drammatici per l’incremento di suicidi e di disagio psichico. Il mercato del lavoro diviene più dinamico, è più facile entrare e uscire, vi sono cospicui passaggi dal lavoro indipendente al lavoro dipendente e una forte crescita sia del lavoro precario che del doppio lavoro. Riprendono con forza corporativismi ed egoismi di ceto che determinano il frantumarsi dell’unità sindacale con la nascita dei Cobas. Sale anche la spesa pubblica (raggiunge il 62,5% del PIL) mentre non cresce nella stessa misura il gettito fiscale (41,3%) per cui fra il 1982 e il 1988 il debito pubblico cresce dal 65% al 92,7%. Questo denota sia l’incapacità di governo che la ricerca del consenso attraverso una larga tolleranza nei confronti dell’evasione fiscale a beneficio del lavoro autonomo e «compensazioni variamente offerte al pubblico impiego». Si cerca di contenere il debito con il ricorso ai condoni come quello edilizio del 1985 che registra 3,9 milioni di domande di sanatoria, indicatore di un’aggressione al territorio nazionale che appare fuori controllo e che «il condono sancisce definitivamente».

La politica del Sud si rivela altresì fallimentare perché l’espansione del settore pubblico disincentiva l’attività privata e alimenta la corruzione senza migliorare il reddito prodotto, ma solo i consumi. Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 riprende la violenza mafiosa con delitti eccellenti che a Palermo decapitano le istituzioni.

A metà decennio vi è anche una fiammata di mobilitazione studentesca che diversamente dal ‘68 non intende cambiare il mondo ma reclama una scuola migliore per evitare il rischio, già evidente nel decennio, di restare disoccupati al termine della carriera scolastica, mentre due studenti su tre all’Università sono “fuoricorso”.

Negli anni Ottanta la tecnologia fa passi da gigante e delinea un universo produttivo incentrato sull’informatica e sulla comunicazione a cui fa da volano la crescita delle televisioni commerciali con un «invasione televisiva di tutti gli spazi». Cominciano a diffondersi anche i computer e con essi l’accesso ad internet, mentre il mondo dei media si popola di apparecchi come i videoregistratori.

Sul piano demografico si determinano fenomeni nuovi che precedono l’allerta attuale per la diminuzione della natalità, mentre si registrano l’aumento medio della vita e della popolazione anziana e fenomeni di modifica radicale della famiglia, anche disgregativi della stessa (separazioni e divorzi).

Gli anni Ottanta si caratterizzano per il recupero di una ricerca del benessere («sembra ritornare l’euforia del “miracolo”») e per il bisogno di affermazione individuale (l’«individualismo acquisitivo»), già evidenziati alla fine degli anni Settanta che intaccano e rendono ininfluente l’azione di “anticorpi” come le solidarietà sociali, le identità collettive forti, l’ansia di rinnovamento.

Il decennio si caratterizza per un distanziamento dalla politica e la riduzione della partecipazione dei cittadini che ripiegano sul “privato” («rinserramento nel proprio particolare») e per l’estendersi di un «deserto intermedio» tra società e politica, come analizza il Censis. Tutto ciò in continuità con la fine degli anni Settanta e in linea con fenomeni di corruzione («come abito mentale e costume»), con le economie criminali e quelle illegali che si annidano anche nei comportamenti “microtrasgressivi” della società in generale. La crisi della politica è anche nella sua incapacità ad orientare lo sviluppo del Paese. In controtendenza affiora un impegno giovanile nel volontariato e nelle varie forme di non profit, veicolato anche dallo sviluppo del servizio civile alternativo a quello militare.

In definitiva, sono gli anni della disaffezione politica e dell’illegalità diffusa ma anche del rifluire dell’impegno, soprattutto giovanile, nel sociale.