Anni ’60: il miracolo economico italiano

Il periodo a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 (1958-1962) è caratterizzato dal primo boom economico con un prodotto interno lordo (PIL) pari al 6% l’anno. Si ha una forte ripresa dell’industria che diviene nel corso del decennio il primo settore (44% del PIL) trainando l’intera economia. L’indice di produzione industriale aumenta del 90% in virtù del ruolo delle grandi imprese, ma inizia anche l’ascesa delle piccole e medie imprese. Si ha la nazionalizzazione dell’energia elettrica.

Gli anni del miracolo economico costituiscono un periodo denso di speranze e di contraddizioni. Tra queste lo sfruttamento degli operai nelle fabbriche fordiste che fa crescere il movimento sindacale che è già protagonista nel settore dei metalmeccanici con il rinnovo dei contratti (1962-’63). La crescita è tale che entro la fine del decennio si hanno le nuove forme di democrazia sindacale (nell’autunno caldo ’69) e lo Statuto dei lavoratori (1970) in relazione al peso degli operai che non era mai stato così forte nella società italiana. Massiccio è anche l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro che favorisce nel tempo la nascita del movimento femminista e la riuscita rivendicazione di posizioni di lavoro in settori ad esse prima negati.

Si accentua l’immigrazione interna con un aggravamento dello squilibrio tra Nord e Sud, dato il condensarsi dello sviluppo soprattutto nel triangolo industriale del Nord-Est.

Aumentano gli anni di istruzione formale dei cittadini a seguito della riforma della scuola media unica con obbligo scolastico fino ai 14 anni (1962) e la liberalizzazione all’accesso all’università anche per i diplomati degli istituti tecnici (1969). Si profila un universo giovanile che si distingue dalle generazioni precedenti, definibile come classe sociale a sé, con una propria consapevolezza e proposta culturale che emerge a partire dalla contestazione del ’68 che unisce la protesta degli studenti con quella dell’emergente classe operaia, divenuta predominante come il settore secondario dell’economia.

Gli anni ’60 si nutrono anche dei fermenti del Concilio Vaticano II (1963-1965) voluto da Giovanni XXIII che innesca ansie di trasformazione e di rinnovamento.

Nel decennio si ha la massima diffusione del televisore (ne è dotata 1 famiglia su 2 nel 1965) – che veicola messaggi, mette a confronto stili di vita e promuove modelli di comportamento, oltre a favorire la socializzazione linguistica in un’Italia dei tanti dialetti e scarsa scolarizzazione media. Sono anche gli anni dell’acquisto in massa dell’utilitaria (5 milioni nel 1965) e degli elettrodomestici (più o meno la stessa cifra). Comincia a generarsi un turismo di massa, per ora solo circoscritto all’ambito nazionale, mentre eventi internazionali prendono la scena: dal fenomeno Beatles alla conquista della luna.

Le aspirazioni a nuovi stili di vita e ad una maggiore libertà personale da parte dei cittadini che rivendicano bisogni non più ristretti alla sfera personale ma visti in una dimensione politica determinano forti moti di protesta che caratterizzano il ’68, movimento di portata internazionale caratterizzato dalla spinta ad una “democrazia dal basso” a fronte di un conservatorismo politico (“blocco di potere”) e di una arretratezza culturale. Le rivendicazioni diventano azione collettiva, e vi è la convinzione che le cose si possono modificare con innovazioni importanti in istituzioni arretrate e spesso indegne di un paese civile (dagli “ospedali psichiatrici” agli istituti per l’infanzia). Tuttavia, il ’68 come movimento di trasgressione delle regole formali di un’Italia arcaica, se ha aperto squarci importanti di rinnovamento, «non ha però favorito il confronto fra modi diversi di intendere la modernità e quindi il processo di costruzione di nuove regole».

Il decennio si caratterizza per le attese di benessere e di modernizzazione.