L’Italia entra negli anni Cinquanta in continuità con il lungo e difficile dopoguerra caratterizzato da povertà diffusa e da consumi largamente inferiori ad altre nazioni europee.
Sul piano politico-istituzionale si affermano conquiste importanti ma affiorano anche zone d’ombra. Tra le prime la scelta referendaria per la Repubblica (1946), al cui suffragio partecipano per la prima volta le donne, e, con la collaborazione di tutti i partiti – che nel dopoguerra costituiscono un vero e proprio sistema – viene redatta la Carta Costituzionale (1947). Il Paese è tuttavia alle prese con resistenze e ostacoli ad una piena democratizzazione trovandosi dopo la guerra con «strutture e apparati dello Stato largamente forgiati dal fascismo e ben poco rinnovati dopo la Liberazione». Per di più la democrazia appare mutilata, se non congelata, per la sospensione degli stessi diritti costituzionali a causa delle forti tensioni provocate dalla “guerra fredda” tra gli schieramenti del centro-destra e le sinistre, nonostante la notevole avanzata della DC alle elezioni del 1948, ed è alimentata da eventi internazionali come la guerra di Corea. Nel decennio una discreta stabilità politica viene garantita da governi a guida centrista che cercano di conciliare solidarismo e libero mercato, salvo quando il cedimento alla destra, ancora nostalgica del fascismo, comporta momenti di forte conflitto aggravati da una gestione dell’ordine pubblico decisamente repressiva. La Chiesa, d’altra parte, appare ancorata a rigide chiusure sul terreno della cultura e del costume e «incline ad un conservatorismo politico in chiave anticomunista».
Sul piano economico all’inizio del decennio l’industrializzazione non è ancora diffusa e importante, mentre è corposa la presenza del mondo contadino segnato da arretratezza, così come lo é gran parte del Sud. Sono gli anni in cui interviene il Piano Marshall a facilitare la Ricostruzione del Paese, viene istituita la Cassa del Mezzogiorno e avviata la Riforma agraria accompagnata da un Piano decennale per l’agricoltura. Comincia ad avere attuazione anche la legge sulle case popolari (piano INA-Casa).
Sul piano sociale hanno inizio intensi fenomeni migratori soprattutto dal Sud verso le grandi città del Centro-Nord, ma anche dalle aree agricole povere ad aree meno povere, dalla montagna alle zone percorse dalle grandi linee di comunicazione. Tali fenomeni prendono anche la via dei Paesi dell’Europa centrale (Germania e Belgio in particolare). Le condizioni di lavoro in questo periodo sono molto sfavorevoli ai lavoratori – miseria dei salari, orari di lavoro pesanti e ritmi massacranti, assenza di diritti e impiego dei minori – mancando una tutela da parte di un sindacato che comincia ad essere forte e diffuso verso la fine del decennio con una industrializzazione basata sulle grandi fabbriche.
Inizia il processo di integrazione europea con i Trattati di Roma che istituiscono la Comunità Economica (CECA carbone e acciaio) e l’Italia entra nell’alleanza militare della Nato. Si dà il via alle grandi infrastrutture economiche e civili, come l’autostrada del Sole. In questo periodo nasce la TV (1954) e comincia la corsa all’acquisto dell’utilitaria e degli elettrodomestici. Il decennio termina tra “ottimismo e speranze”.